Il progetto “A fuoco lento – pratiche culinarie nella relazione con la disabilità”, promosso e realizzato a Roma dal Centro Culturale “Come un Albero” e da “Solidarius Italia” con il contributo dell’Assessorato alla Formazione e al lavoro della Provincia di Roma è stato realizzato nel 2011.
E’ nato come esigenza di consolidare la fase di start up del Centro Culturale Come un Albero, un luogo, a Roma, aperto al pubblico, dove è possibile svolgere eventi culturali (presentazioni di libri, incontri tematici, mostre fotografiche, oltre a laboratori per bambini e adulti), e che ha la particolarità di essere gestito da un gruppo composto anche da persone con disabilità intellettiva.
Il Centro Culturale, infatti, si propone come percorso di politiche attive per il lavoro: è rivolto all’inserimento socio-occupazionale e lavorativo di persone con disabilità intellettiva ed è pensato in un’ottica di autoimprenditorialità e di economia solidale.
Gli obiettivi principali del progetto “A fuoco lento” sono stati quelli di permettere ulteriori momenti di formazione e di apprendimento informale per il gruppo di lavoro e, allo stesso tempo, creare occasioni di relazione e dialogo con il territorio in un’ottica di rete di collaborazione solidale necessaria ai fini dello sviluppo stesso del Centro Culturale.
Nell’arco di 8 mesi sono stati programmati e realizzati incontri per dare sostanza e spessore alla programmazione culturale, e per conferire al Centro stesso una maggiore visibilità ed un riconoscimento sul territorio del II Municipio a Roma.
Ogni incontro è stato opportunamente preparato, organizzato e gestito nella sede del Centro dal gruppo integrato, che ha potuto così sperimentarsi in tutte le fasi secondo scadenze ed obiettivi ben definiti.
Il fuoco tematico del progetto sono stati gli incontri culinari: due genitori, quasi sempre madri, di ragazzi con disabilità hanno preparato una o più ricette davanti ai presenti (nella sede del Centro Culturale c’è un ampio spazio dedicato alla cucina).
Alle persone veniva dato un foglio prestampato dove annotare gli ingredienti, le quantità e le modalità di preparazione, ma non solo. Ai cuochi infatti non è stato chiesto solo di cucinare, ma anche di raccontare la loro personale “ricetta di vita” nell’esperienza con la disabilità del proprio figlio. Tra l’imburrare una teglia e pelare una patata un moderatore sollecitava ogni cuoco a raccontare momenti di crescita del figlio, i suoi percorsi scolastici, le esperienze di socializzazione e di inserimento socio-occupazionale o lavorativo. Sono emerse sempre storie piene di vita, attraversate da momenti intensi, a volte drammatici, a volte divertenti. Sono emersi confronti serrati con gli altri genitori presenti, e l’ambiente domestico, culinario ha permesso di non restare nelle pieghe tristi di un racconto individuale, nella solitudine narrativa dell’ “io e mio figlio”, ma di condividere realmente delle storie, di confrontarsi nelle esperienze di relazioni complesse e non facili, così come ci si è confrontati sul: “ma tu, ce la metti la cipolla?”.
Alla fine di ogni incontro un altro operatore chiudeva facendo il punto sul tema narrativo che era emerso, invitando subito dopo tutti i presenti a passare al momento più conviviale della serata: mangiare assieme quanto preparato.
Le persone con disabilità che hanno partecipato a questi incontri sono state cinque, tutte con disabilità intellettiva medio-lieve. Per ogni incontro hanno svolto la funzione di operatori di sala: dal fare la spesa e dall’allestimento del Centro Culturale all’accoglienza dei partecipanti, dal dare una mano in cucina ai cuochi al servire i piatti in tavola durante la cena.
Prima di ogni incontro culinario sono stati svolti degli incontri di formazione su aspetti fondamentali: dalla cura di sé (igiene personale e dell’ambiente) all’utilizzo di apparecchiature semplici (p.e. aspirapolvere, macchina fotocopiatrice, forno), dall’attenzione nel rapportarsi con gli altri ai diversi passaggi organizzativi necessari per ogni incontro. Si è inoltre lavorato molto sulla verifica di quanto fatto, soprattutto al fine di avere tutti una buona consapevolezza del progetto, di quanto si stava andando a fare e soprattutto del perché.
Un lavoro sulla consapevolezza è stato rivolto in parte anche alle famiglie attraverso gli incontri di cucina, grazie alla ricetta relazionale insita in ogni narrazione: non c’è narrazione se non c’è qualcuno che racconta e qualcuno che allo stesso tempo ascolta.
E’ per questo quindi che abbiamo deciso di iniziare il percorso del progetto con un incontro culturale con ospite la scrittrice Clara Sereni, nelle cui pagine il tema della narrazione e della relazione con la disabilità emerge in modo lucido e mai scontato. E anche il tema della cucina, delle ricette come dono: non a caso, l’idea degli incontri culinari è nata proprio a partire dalla lettura di un libro della Sereni, “Passami il sale”.
E sempre in un’ottica di maggiore consapevolezza (dei ragazzi, delle famiglie e anche di noi operatori) abbiamo deciso di svolgere accanto agli incontri culinari altri incontri culturali: oltre a quello con la Sereni, c’è stato un incontro sull’economia solidale e un altro su alcune esperienze concrete lavorative in ambito di disabilità.
La partecipazione di pubblico è stata favorita anche da un lavoro di mappatura sociale del territorio che ha permesso di contattare, invitare e conoscere realtà territoriali come GAS di zona, gruppi informali, associazioni di quartiere, anche per immaginare possibili percorsi comuni in futuro. Questo lavoro ha permesso inoltre di individuare nel quartiere negozi e botteghe dove comperare gli alimenti, il più biologici, solidali e a km0 possibile, utilizzati nella preparazione delle ricette ed opportunamente presentati durante gli incontri.
Come un Albero è un Associazione che opera nel campo della disabilità e che ha promosso la realizzazione di un Centro Culturale in una zona centrale di Roma come progetto di inserimento socio-occupazionale e lavorativo di persone con disabilità intellettiva e relazionale medio-lieve, in un’ottica di inclusione sociale.
Il Centro Culturale, infatti, è gestito da un gruppo composto anche da persone con disabilità intellettiva ed è stato concepito come luogo aperto al pubblico, con il presupposto quindi di superare la logica settorialistica ed assistenzialistica dei servizi “per disabili” .
Nella volontà di superare le difficoltà che spesso i percorsi d’inserimento lavorativo incontrano nel creare, una volta avviati, reali possibilità d’inclusione, il Centro Culturale “Come un Albero” ritiene necessario attuare, contemporaneamente, un promozione della crescita delle dimensioni solidali sul territorio.
Ed ecco allora dove entriamo noi e da dove iniziare un percorso condiviso che miri alla creazione di una rete di collaborazione ed economia solidale che sappia supportare il progetto e per la quale il Centro Culturale possa essere grande risorsa!